Psicologia dell'utente: come le persone si approcciano ai motori di ricerca
I meta dati, fino a qualche anno fa, giocavano un ruolo chiave nel posizionamento (web ranking). Gli spider dei motori di ricerca, infatti, classificavano i contenuti delle pagine web in base alle keyword e alle meta description e, di conseguenza, le SERP dipendevano da questo tipo di informazioni. I meta, però, originariamente sono stati progettati per ridurre la ridondanza della rete e per sopperire alla sua mancanza di chiarezza. Tutti hanno accolto questa innovazione con entusiasmo, perché la speranza era che essa potesse portare ad una completa mappatura di Internet. Ma come tutti i nuovi metodi, era priva di un sistema di controllo. Molti stakeholders agguantarono l'occasione e, invece di investire tempo e risorse nel keyword brainstorming, scelsero di adottare il keyword stuffing. Col passare del tempo sempre più persone cominciarono a produrre cattiva SEO, fino a quando i motori di ricerca decisero di penalizzare tutti quei siti che praticavano questo comportamento anti funzionale.
Non mi soffermerò oltre sulle aziende e sui metodi che adottano per comporre le keyword. Questo post, invece, si focalizza su qualcuno che è stato dimenticato troppo a lungo nella logica di internet: l'utente. Quanto tempo sono disposte ad impiegare le persone per cercare qualcosa su internet prima di arrendersi? Scrollano semplicemente i primi risultati oppure effettuano un'altra ricerca se non sono soddisfatti? E le keyword giocano un ruolo importante nella formulazione delle query?
Per rispondere a queste domande è necessario analizzare come gli utenti si approccino alla ricerca on line sin dall'inizio. Tutto comincia dal desiderio di soddisfare le proprie esigenze personali. Quando le persone non riescono a trovare una risposta ai loro bisogni nel mondo reale usano un dispositivo (sia esso dispositivo mobile o un PC) ed una connessione internet. Consultare un motore di ricerca, quindi, non è il primo processo cognitivo. Molto prima che i navigatori del web accedano ad internet i loro cervelli hanno trasformato l'immagine mentale dell'oggetto desiderato in una stringa di parole.
Considerando questo, possiamo affermare che il processo di formulazione delle query comincia off line e che le keyword non sono prese in considerazione in questa prima fase. Questo è vero in particolare per gli utenti medi che non sono nativi digitali. Quando questo tipo di internauti effettuano una ricerca su internet, si esprimono attraverso frasi complete piuttosto che attraverso una breve sequenza di parole. Farò un esempio per rendere il concetto più comprensibile: una coppia è in vacanza a Londra e vorrebbe cenare nel miglior ristorante della città. Prima di uscire i due decidono di cercare la migliore soluzione on line. Quando aprono Google, come primo tentativo, all'interno del box di ricerca digiteranno “Qual è il miglior ristorante a Londra?” piuttosto che “Miglior ristorante Londra”.
È convinzione comune che la maggior parte degli utenti non analizzi un'intera SERP. Secondo gli stereotipi, i navigatori tipo leggono solo le description dei primi risultati, mentre prestano sempre meno attenzione man mano che scorrono la pagina. Secondo questa visione, tutti i siti che appaiono a fondo pagina sarebbero penalizzati. Circa una decina di anni fa diversi studi basati sul metodo eye-tracking dimostrarono come queste convinzioni fossero vere: la maggior parte delle persone che partecipavano a questi esperimenti, infatti, tendeva a focalizzarsi nella zona in alto a sinistra, definita “Golden triangle” (Triangolo d'oro).
Attraverso gli anni, tuttavia, l'aspetto delle Google SERPs è cambiato significativamente e quindi queste ricerche non sono più rappresentative del comportamento reale degli utenti. Osservate la pagina di risultati Google: a causa dell'introduzione di molti elementi nuovi, come le local listing e i knowledge graphs, i risultati organici sono “scivolati” più in basso. Quindi i navigatori del web sono costretti a scrollare l'intera SERP se non sono interessati alle inserzioni sponsorizzate. Recentemente Mediative, un'azienda americana che offre servizi digitali, ha condotto una nuova ricerca basata sul metodo eye-tracking, che dimostra come l'approccio degli utenti ai motori di ricerca sia cambiato. Secondo i dati forniti da Mediative, il famoso Triangolo d'oro non esiste più. Ora, invece, il grafico dimostra come le persone siano più propense a “disegnare” una F con lo sguardo mentre consultano una SERP.
L'azienda afferma che la trasformazione dell'aspetto del motore di ricerca non è l'unico elemento che ha causato l'evoluzione del comportamento degli utenti. Rispetto a dieci anni fa, infatti, i navigatori impiegano dispositivi diversi per connettersi ad internet (smartphones, tablet e così via). È impossibile pensare che questi oggetti, così diversi da un PC, non abbiano modificato il modo in cui il web viene fruito.
Cosa fanno gli internet addicted se la prima pagina di risultati Google non presenta contenuti soddisfacenti? La domanda può apparire superflua, ma considerando che ci troviamo nell'era in cui le persone sono abituate ad ottenere tutto in pochi minuti, trovo interessante soffermarsi sulla questione. Razionalmente, l'unica cosa utile da fare sarebbe effettuare un'altra ricerca digitando un'altra stringa di parole. Ma quante persone fanno questa semplice operazione?
Secondo unaricerca italiana condotta da FullPlan, 38 navigatori su 100 tra quelli che utilizzano i motori di ricerca ogni giorno, cambiano sequenza di keyword dopo aver consultato i primi risultati di pagina. Altri (24%), invece, sono più ostinati e cercano informazioni anche tra i siti posizionati nella seconda pagina di risultati Google. Ma solo 6 utenti su 100 si avventurano nella terza pagina. Quindi, se si vuole far crescere il proprio business, bisogna guardare attentamente all'evoluzione della SEO e del comportamento degli utenti. Altrimenti, si finirà per essere dimenticati per sempre.